2014 / Domenica 2 Marzo

Domenica 2 marzo

«Occuparsi senza pre-occuparsi!»

L'occhio di Dio veglia sulla vita dell'uomo, nei dettagli. I santi hanno vissuto alla maniera «forte» la fede nella provvidenza di Dio: alla «Piccola Casa della Divina Provvidenza» poco prima di pranzo la massa dei poveri e dei malati era senza un tozzo di pane, tutti erano preoccupati.
L'unico tranquillo era il canonico Cottolengo, che calmava le suore dicendo: Non è ancora mezzogiorno! Difatti il portone poco dopo si apriva per dare spazio ai carri della Provvidenza...
E in tempo di guerra la madre superiora di un certo Carmelo aveva deciso di usare l'ultima bottiglia di olio rimasta, non per la cucina ma per la lampada del Santissimo. Da quel giorno il Carmelo non ha mai più dovuto comprare olio. Come la vedova di Zarepta di Sidone.
Perché Dio possa agire, bisogna smettere radicalmente di angosciarsi per le «cose». Perché ci pensi Dio, devo smettere di pensarci io. Il che non significa camminare nelle nuvole, ma cercare prima (anzitutto) il regno di Dio.
C'è un «primum» (pro¯ton) da cercare. Il regno di Dio e la sua giustizia.
Attenzione: sua è riferito a Dio (c'è un genitivo maschile), non a regno, che in greco è femminile. Dunque per Matteo la giustizia è una virtù teologale. Il mondo della giustizia è il mondo celeste.
Il cristiano deve essere una presenza celestiale in mezzo al mondo (sale della terra e luce del mondo!).
Il tocco splendido sulla bellezza della natura, con l'accenno agli uccelli e ai gigli del campo, che non faticano e non filano, non seminano e non raccolgono nei granai, ci rivela l'animo delicato e il gentile umorismo di Gesù.
Quando è stato chiesto a uno dei sacerdoti che avevano seguito da vicino Don Bosco, qual era, in una parola, il segreto della sua santità, la risposta fu sconcertante: «Don Bosco non pensava un minuto prima a quello che avrebbe fatto un minuto dopo».
Conoscendo l'intraprendenza e la concretezza del Santo, sappiamo che cosa possa significare una battuta simile.
Era granitica la sua fiducia nella «grazia attuale», quella che Dio ti concede al momento giusto, non un minuto prima e non un minuto dopo.

(Da "Le luci del sabato", Domenico Machetta, ©Elledici)



GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA  (7)


COME SI SONO FORMATI I LIBRI DELL’ANTICO TESTAMENTO ?

I libri che compongono la prima parte della Bibbia sono un prodotto e una testimonianza della storia di Dio con il popolo ebraico. Questa storia riflette la cultura di questo popolo e gli ambiti nei quali si manifesta:
    ‣     la vita quotidiana del clan
    ‣     il culto e le sue feste con le relative regole di comportamento
    ‣     l’ambiente giuridico con la formulazione delle regole del vivere insieme
    ‣     la corte con le sue esigenze e l’ordine amministrativo che ne deriva.

I libri della Bibbia sono scritti nei modi con cui questo popolo pensa e scrive. Questi modi espressivi danno origine ai generi letterari, che sono i modi con cui un popolo formula il suo pensiero. Ogni modo espressivo testimonia un ambito di vita. L’ambito cultuale produce inni, preghiere; l’ambito familiare brani di catechesi, ecc. È un dato di fatto certo che in Israele prima si è raccontato (tradizione orale) dopo si è scritto. Il passaggio dalla fase orale a quella letteraria esige un lavoro di compilazione, elaborazione, interpretazione nel presente di dati antichi, rilettura teologica.
Alla luce del Dio di Abramo questi testi antichi non cessano di essere considerati la testimonianza di una storia di salvezza. Alla base della composizione dei libri della Bibbia c’è la domanda: che cosa voleva dirci Dio con questo fatto? L’Antico Testamento è venuto formandosi intorno a tre assi portanti:   
 
    ‣    Toràh o Legge. Comprende il Pentateuco,
    ‣    Neviìm o profeti,
    ‣    Ketuvìm o altri scritti.
 

Per un ebreo non esiste la parola «Bibbia», né il termine Antico Testamento, ma semplicemente la TANAK. Questa parola è formata dalla prima lettera, con l’aggiunta della vocale «a», dei termini Toràh, Neviìm, Ketuvìm.


FORMAZIONE DELLA LEGGE

Epoca monarchica
Prima di questo periodo abbiamo, ad eccezione di qualche piccolissimo scritto, solo tradizioni orali. In quest’epoca il popolo di Dio sente il bisogno di rispondere al perché della sua esistenza, al perché della vita, del dolore, della morte. Si comincia a scrivere. Si produce nel Sud l’opera Jahvista, chiamata così perché Dio è detto Jahvè. L’intento è di evidenziare nel contesto dell’intera umanità la chiamata paradigmatica di Abramo-Israele a un’alleanza con Dio, nel quadro di una dinastia e di un paese.
Nel Nord, dove Dio è chiamato El, si forma l’opera eloista. L’autore sacro conduce una polemica contro la monarchia corrotta e contro un sacerdozio a essa sottomesso e invita a ristabilire l’alleanza. Dopo la caduta del Regno del Nord gli scritti del Sud e quelli del Nord sono unificati in un’unica opera. Questo spiega il perché di racconti ripetuti. Ad esempio: due racconti della chiamata di Mosè: Es 3,1-12; 6,2-8.

Epoca esilica

Ad opera, soprattutto, del profeta Ezechiele nasce una nuova tradizione, detta P o Sacerdotale, che rilegge da un nuovo punto di vista il passato del popolo di Dio, a partire dalla creazione del mondo. In questa tradizione Dio rivela a Mosè un progetto di santuario (Es 25-31). In Esilio si completano i libri che gli ebrei chiamano profeti anteriori: Giosuè, Giudici, 1 e 2Samuele, 1 e 2Re. Si scrivono il Levitico e i Numeri.

Periodo persiano
Il popolo, tornato dall’esilio, vuole vivere la fedeltà a Dio come è scritta nei libri religiosi. In questo tempo unificano la tradizione Jahvista, Eloista, Sacerdotale, che noi troviamo intrecciata nei libri della Genesi, Esodo, Levitico e Numeri. A questi libri aggiungono il Deuteronomio. Questi libri formano il Pentateuco. Da questa epoca il testo biblico non verrà mai più toccato ma solo interpretato e attualizzato.

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