2014 / Domenica 23 Marzo 2014
Domenica, 23 Marzo 2014
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La samaritana: un incontro
Come per Nicodemo, Zaccheo, il cieco nato, il cieco di Gerico, Maria di Betania, i discepoli di Emmaus... Gesù privilegiava gli incontri personali, i tu-per-tu. Con la folla era sbrigativo, curava il gruppetto degli intimi, ma ogni persona era qualcosa di prezioso, di unico, per lui. Gesù è venuto a incontrare l'uomo, ogni uomo: per lui non siamo uno dei tanti; ognuno ha un nome e una storia, per lui ognuno è qualcosa di inedito. Non ci ama «in serie». Con ognuno ha un atteggiamento particolare. «Gesù, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo». Gesù soffre la fame, la sete, il caldo, il freddo, la stanchezza. Ecco dunque il tema dell'acqua viva: la roccia colpita è Gesù, dal cui costato sgorga sangue e acqua (Eucaristia e Battesimo). Gesù è il Tempio previsto da Ezechiele da cui sgorga il grande fiume che risana il mondo. Gesù è il pozzo, venuto per darci l'acqua viva dello Spirito. «Se qualcuno ha sete venga a me e beva chi crede in me» (Gv 7,37). «Disse questo - dice l'evangelista - riferendosi allo Spirito...». Dopo il tema dell'acqua viva, ecco improvvisamente un altro tema, quello della vera adorazione. «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre... Viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità». Ai luoghi di culto si sostituisce una situazione, uno stato interiore. «Verità» per Giovanni è il mondo divino. L'adorazione dunque deve abbracciare tutta la vita. La misura non è il culto ma la vita: lasciarsi guidare dallo Spirito! Se la preghiera, l'adorazione, non tocca la vita, se non mi modifica i rapporti, non funziona. Ed esplode un terzo tema: l'Io-Sono. Quando in Giovanni troviamo «Io-Sono», qualcosa di divino si sprigiona da Gesù. Il riferimento al «Nome» consegnato a Mosè, nella scena del roveto ardente dell'Esodo, è chiaro: «Io-Sono mi manda a voi». Proponiamo tre piste di «meditatio»: 1. Gesù cerca me per darmi l'acqua viva dello Spirito. 2. Il Padre cerca adoratori... Non più spaccatura tra liturgia e vita. Il culmine del cammino cristiano è l'adorazione. 3. L'Io-Sono è tra noi ogni giorno: Eucaristia.(Da "Le luci del sabato" Domenico Machetta ©Elledici)
GUIDA SEMPLICE ALLA BIBBIA (10)
I libri dei profeti
Col nome «profeta» la maggior parte della gente intende una persona che può predire il futuro. Per la Bibbia questo aspetto non è essenziale. Un profeta è piuttosto un uomo che ha ottenuto da Dio l’incarico di trasmettere un messaggio. Spesso si tratta di una critica alle condizioni esistenti, quando succede che gli uomini non si orientano più secondo le indicazioni di Dio. I profeti devono ricordare al popolo che è il popolo di Dio e che è impegnato ad obbedire ai suoi comandamenti. La loro critica è per lo più unita all’annuncio del giudizio di Dio. Essa mira però a una conversione degli uomini, affinché Dio possa trasformare il suo giudizio in una benedizione di grazia.La comparsa dei profeti avviene sempre quando i regni di Israele e di Giuda sono giunti a un punto critico della loro storia. Nel periodo di massima potenza dell’Assiria (tra il 750 e il 690 a.C.) furono Amos, Osea, Isaia e Michea a esortare il popolo alla conversione. Tra il 650 e il 500 a.C., quando il regno assiro si dissolse, operarono Naum, Abacuc e Sofonia. Durante l’ascesa dei Babilonesi entrarono in scena Geremia ed Ezechiele. Ezechiele e Abdia operarono anche dopo la caduta di Babilonia ad opera del regno persiano. Dopo il ritorno dall’esilio la vita del popolo d’Israele dovette essere nuovamente regolata. In questo periodo Aggeo e Zaccaria annunciarono le richieste di Dio e la sua parola di conforto.
Nella Bibbia i libri profetici sono ordinati in maniera tale che ai primi tre profeti maggiori, Isaia, Geremia ed Ezechiele, seguono i dodici profeti minori. Le denominazioni «maggiore» e «minore» si riferiscono all’ampiezza degli scritti, ma rispecchiano anche per certi versi l’importanza dei singoli profeti. Il libro di Daniele fu introdotto nella serie dei libri profetici dalla traduzione greca dell’Antico Testamento.
I libri deuterocanonici dell’Antico Testamento
Molte edizioni della Bibbia inseriscono nell’Antico Testamento o prima del Nuovo una serie di scritti sorti nei tre secoli che precedono la nascita di Cristo. Quando nel I secolo i maestri ebraici della legge stabilirono quali libri dovessero far parte della Sacra Scrittura ebraica, questi scritti non furono accolti. Essi sono perciò tramandati solo nella traduzione greca dell’Antico Testamento, chiamata «Septuaginta» (parola latina che significa «settanta»). Narra infatti una leggenda che 70 saggi ebrei, attorno al 250 a.C., avrebbero tradotto in greco i primi cinque libri dell’AT. Solo più tardi vennero tradotti gli altri libri. Questa traduzione non fu solo la Sacra Scrittura degli Ebrei di lingua greca, ma anche quella dei primi cristiani. Essa fu il modello dell’Antico Testamento della Bibbia latina, chiamata la «Vulgata», nella quale sono quindi tradotti anche alcuni dei libri mancanti nelle Sacre Scritture ebraiche. Della serie dei libri deuterocanonici fanno parte Tobia, Giuditta e i libri dei Maccabei, che per genere apparterrebbero ai libri storici. Tobia racconta una drammatica storia familiare nell’epoca seguente la fine del regno del nord. Giuditta narra come una vedova ebrea coraggiosa e piena di fiducia in Dio abbia preservato il suo popolo dalla minaccia della distruzione. I libri dei Maccabei espongono gli avvenimenti della rivolta maccabaica.
I libri della Sapienza e del Siracide appartengono alla letteratura sapienziale. Tra i libri deuterocanonici vanno inoltre compresi il libro di Ester greco e i supplementi al libro di Daniele, scritti in greco. Il libro di Baruc e la Lettera di Geremia si collocano nella linea della tradizione.